Un new deal per l’edilizia

Di tutti i giganteschi problemi che affliggono l’economia veneta, l’edilizia è di gran lunga il più delicato. Per questo i tre sindacati di settore Feneal Uil Filca Cisl e Fillea Cgil hanno commissionato uno studio di scenario che oltre alla conta dei “morti”, non solo metaforici come tristemente sappiamo, cerchi delle vie di uscita. Il lungo viaggio nella crisi è certificato dalle crude statistiche di settore: dal 2009 in Veneto hanno chiuso il 15,5% delle imprese di costruzioni, i lavoratori, dai 179.000 di cui 109.000 dipendenti e 70.000 autonomi  sono stati falcidiati, arrivando nel 2015 a 80.000 e 55.000 con una riduzione secca del 23%. Ma non esaurisce un orizzonte ancora molto cupo. Dai conti manca un imponente indicatore: il costruito invenduto, il dismesso, le criticità territoriali, i cantieri incompiuti, le carenze infrastrutturali. Solo per dare un’idea la Banca d’Italia certifica che al 31 dicembre 2014 le sofferenze nel settore costruzioni hanno superato in Veneto i 2,689 miliardi (+134% rispetto al 2011) con epicentro Padova con 719 milioni di euro (+228%). Le banche sono passate da largheggiamenti nei mutui a chiudere i rubinetti (quasi) indistintamente. Ma solo un beota può pensare che anche questa volta dalla crisi si esce con l’adagio della “ripresa della domanda di mercato”.

Il mercato, infatti, sta fallendo. Prima di tutto, perché tra il 2000 e il 2008 ha scatenato la bolla da eccesso di offerta. In questo modo ci ritroviamo il Veneto leader nel nuovo costruito tra i due censimenti (2001 – 2011) pur essendo, prima del 2001, già una delle regioni più urbanizzate. Con il risultato di disseminare molto invenduto di recente costruzione e, insieme, un imponente stock di “vecchio” (il 54% delle abitazioni oggi ha più di quarant’anni, nel 2026 questa quota salirà al 70%!). Qui le famiglie e le imprese hanno già poderosamente invertito la rotta, prima su 100 euro spesi per la casa, due terzi andavano al nuovo e un terzo al ristrutturato, oggi questa proporzione si è rovesciata. E sappiamo quanto contino qui le defiscalizzazioni. La Regione e i Comuni dovrebbero aiutare. La prima con un Piano Casa 2.0 che premi la ristrutturazione sostenibile ad alta efficienza energetica; i secondi con una capillare campagna, casa per casa, sugli incentivi alle ristrutturazioni. Domanda e regolazione vanno a braccetto.

Un altro ambito che non funziona è quello degli investimenti ambientali e di sicurezza del territorio con le infrastrutture. I primi non possono che essere pubblici e sono la condizione per la sostenibilità dei secondi che possono anche “chiamare” capitali privati. Ma questo non succede: la Regione Veneto investe pochissimo sulla tutela e la sicurezza del territorio, riceve una quota irrisoria di finanziamenti statali e comunitari, ma soprattutto è un settore con bassissimo cantieramento. Al centro del convegno di lunedì 20 luglio ci sarà proprio questo problema: edilizia e territorio possono crescere insieme solo con forti interdipendenze tra i settori, con una strettissima cooperazione tra pubblico e privato e un’aderenza della regolazione ai principi del mercato. Ma la Regione riuscirà ad appropriarsi fino in fondo del nuovo modello di territorio? Qui ci vuole davvero una rivoluzione. Nel senso di chi dice che “la rivoluzione è un’arte da perseguire, non un obiettivo da raggiungere”. Nessuna smart city o smart land nascerà senza queste alleanze.

Emblematico, da questo punto di vista è il tema della rigenerazione. E’ ovunque all’ordine del giorno, ma si fa pochissimo perché le regole del gioco non aiutano. Esempio: quando nell’ottobre 2002 Tremonti vara la norma che defiscalizza gli investimenti anche immobiliari, assistiamo a una crescita da 16 a 40 milioni di metri cubi di capannoni costruiti senza una reale richiesta di mercato. Oggi quei capannoni distruggono solo ricchezza sotto forma di dismesso tassato. Bisognerebbe progettare una Tremonti bis “a rovescio” trasformando tasse in investimenti: allargando alla rottamazione dei capannoni l’incentivo della detraibilità del 65% dell’intervento. Imprese e lavoratori, con le rappresentanze nei rispettivi ruoli hanno iniziato una partita diversa, con al centro un modello Veneto Sostenibile, che ha bisogno di innovazione a 360°: quanti murari sono a spasso, eppure quanti applicatori di nuovi impianti mancano sul mercato del lavoro? E quanti cantieri medi e piccoli censiti puntualmente dall’ANCE sono fermi per non voler allentare di pochissimo il patto di stabilità? E, soprattutto, ci vogliono altri giocatori, dalla spesa pubblica per la tutela del territorio, ai fondi di investimento per la rigenerazione urbana, da nuovi parametri di merito del credito immobiliare a una fiscalità studiata per far ripartire il mercato. Insostenibile, sia dal punto di vista ambientale che finanziario, è l’esposizione di un settore così illiquido a capitali dalla certa provenienza malavitosa. Per tacere della disciplina degli appalti, della corruzione e dell’incapacità della Pubblica Amministrazione di costruire un sistema di concorrenza che valorizzi la qualità dell’opera.

Editoriale di Luca Romano pubblicato su VeneziePost di venerdi 17 luglio 2015

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