Città metropolitana. Debolezza veneta

Com’era largamente prevedibile l’istituzione della città metropolitana di Venezia è già tormentata. Il processo generativo, infatti, ha le sue complessità. La Regione Veneto opponendosi di fatto a una assegnazione di competenze sul governo del territorio sembra già non desiderare questa nuova istituzione, ridurne la capacità di intervento. E poi, indubbiamente, il resto del Veneto sembra ostentare una certa indifferenza, figlia di una tradizione di estraneità all’unicum veneziano, incline al localismo o chiuso nel perimetro della propria «provincia». Quella veneta, centro veneta o spostata sull’asse orientale di Treviso e Padova che convergono sulla Dominante, con un vezzo un po’ stantio, è stata definita metropoli «inconsapevole». Si faccia però attenzione a due fatti. Il primo è la rinnovata potenza polarizzante di Milano. Raggiunta anche attraverso l’Expo, ne ha fatto l’integratore di moltissime filiere economiche e il fattore della loro proiezione nel posizionamento globale. Il secondo fatto è il consolidamento europeo di una metropoli come Monaco di Baviera, a cui, significativamente, proprio la meritoria rivista della Camera di Commercio di Milano «Imprese e città» (6/2015) dedica un’analisi di Chiara Mazzoleni, docente all’Iuav. Quest’analisi sfata l’immagine di Monaco agropolitana, tutta birra e wuerstel, e manifatturiera, con Bmw e Siemens. Evidenzia, invece, la leadership nell’economia delle reti, nell’ICT e nei social media, in buona sostanza nell’innovazione, alla faccia di chi dice che è solo nella Silicon Valley. Ho citato queste due realtà così vivaci e competitive perché i tormenti «veneti» sono anche ascrivibili a una debolezza concorrenziale in sé, rispetto a giochi di polarizzazione che si stanno chiudendo. La Regione Veneto ostacolando la città metropolitana si da la zappa sui piedi alla sua stessa competitività. Ma questo, semmai, ci dovrebbe indurre a non demordere, ma a sperimentare un cambiamento di piano, non limitato esclusivamente agli elementi amministrativi e istituzionali della città metropolitana. Infatti, questa serve anche per un motivo semplicissimo: favorisce, attrae, rende più remunerativi gli investimenti. In uno studio del Politecnico di Milano, coordinato da Gabriele Pasqui, si mette in luce che in Europa le metropoli funzionano anche come associazioni volontarie di interessi; che queste sono decisive per la costruzione delle agende metropolitane; agende che funzionano quando si traducono in pochi obiettivi, facendo corrispondere a ogni «cantiere» un network di soggetti concreti che investe, progetta e si mette in rete. A Barcellona il soggetto che implementa le azioni è un’associazione no profit come il «Pemb». Allora, invece di impantanarsi nello scontro politico del percorso amministrativo, perché non costituire da subito un’associazione Pa.Tre.Ve. in cui cominciare a sperimentare qualche azione con divisa?

Editoriale di Luca Romano pubblicato sul Corriere del Veneto di sabato 13 novembre 2015

 

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