Marco Trabucchi
Associazione Italiana di Psicogeriatria
Il titolo “tra passato e futuro” mai è stato più realistico rispetto alle problematiche connesse con le residenze per anziani. Infatti, le vicende del Covid-19 rappresentano un punto di passaggio. Fino ad ora hanno vissuto su linee di progresso costanti (almeno in una certa parte del nostro Paese), ma senza porci problemi più ampi rispetto alla collocazione strategica delle residenze da una parte nella vita degli anziani e dall’altra nella rete dei servizi.
Ora molto è cambiato; portiamo i segni di una tragedia epocale che ci impongono di pensare al futuro. Le domande sono numerose e stanno aprendo un dibattito di grande importanza.
Sono doverose alcune premesse di carattere generale prima di indicare i punti fermi di un possibile dibattito.
La prima riguarda la diffusione in tutto il mondo della problematica sul ruolo e la funzione delle residenze. Dobbiamo quindi premettere che, pur essendoci molte specificità italiane, il futuro è aperto a varie alternative in tutto il mondo.
La seconda riguarda il giudizio positivo sulla realtà italiana che deve essere dato nonostante le recenti tragedie. Le nostre strutture “serie” sono serie: seguono linee guida e standard e su questi vengono controllate, si pongono continuamente nuovi obiettivi per migliorare la salute e la qualità della vita degli ospiti, hanno organizzazioni interne adeguate al nostro tempo. Gli strombazzati controlli dei NAS hanno identificato problemi gravi nella fascia delle cosiddette (autodefinitesi) case di riposo, spesso luoghi di malaffare; nella gran parte delle residenze “serie” i controlli hanno portato a poche, marginali indicazioni critiche.
Una terza riguarda il comportamento degli operatori che sono stati coinvolti nella recente crisi. Nella grande maggioranza hanno mostrato una capacità professionale straordinaria, assieme a comportamenti personali di generosità e intelligenza. Ritengo necessaria questa premessa non solo per un doveroso ringraziamento, ma soprattutto perché questa lettura della realtà indica che qualsiasi evoluzione del comparto si basa su un diffuso zoccolo duro di grande qualità umana e professionale. E non è poco!
Una quarta premessa analizza il radicamento sociale delle strutture; qualsiasi sia la loro natura giuridica, le residenze sono amate dalla popolazione, ritenute una parte importante non solo dei servizi alla persona, ma delle stesse comunità. Qualsiasi atto di riforma deve tenere in conto questo legame, garanzia di concretezza e serietà.
Ora è necessario andare avanti, per evitare che la crisi di oggi diventi una crisi strutturale, senza che vi sia stata un’adeguata elaborazione degli eventi recenti, ma anche dell’evoluzione di tanti fattori che accompagnano la nostra vita sociale e che hanno ricadute sull’organizzazione dei servizi alle persone anziane.
Fin d’ora si intravvedono alcuni provvedimenti sporadici presi da singole realtà per non restare bloccate attorno al tema della chiusura delle porte; in molti casi l’alleanza tra conoscenza dei problemi, fantasia creativa, rispetto delle regole, sta offrendo risposte che producono un messaggio di grande rilievo sociale: il mondo della residenzialità non è in attesa del nulla, ma propone soluzioni utili per domani e dopodomani, che hanno avuto origine al suo interno. Si pensi alle ricadute positive di questo atteggiamento, sia rispetto agli operatori, che non si sentono chiusi all’interno di realtà che gestiscono solo il presente, sia per i famigliari, che così comprendono l’impegno delle strutture per migliorare la vita degli ospiti, sia per le comunità che apprezzano una vitalità non cancellata dal virus.
Le strutture hanno bisogno di poter “respirare” sul piano economico, perché hanno avuto spese ingentissime per affrontare la crisi e oggi si trovano con un numero ridotto di ospiti, fatto che provoca un’importante riduzione delle entrate. Chi deve farsi carico di questa situazione, che richiede risposte in tempi rapidi? Purtroppo, in molte regioni le autorità hanno sostenuto che la residenzialità dell’anziano rappresenta un settore esterno rispetto al welfare regionale. La mancanza di chiarezza che caratterizza questa tematica dovrà essere affrontata con determinazione quando, passata la crisi, ci si occuperà di riorganizzare il sistema di welfare. Si deve partire da un’affermazione indiscutibile: non sarà possibile strutturare la rete dei servizi per le persone anziane se la residenzialità non viene considerata come parte integrante e centrale delle risposte al bisogno. Come è ipotizzabile un percorso che va dal territorio all’ospedale e ritorno, senza prevedere che una parte dei nostri concittadini anziani possa ricorrere, ad un certo momento del proprio itinerario di salute, a luoghi dove riceve cure non fruibili a casa? Inoltre, si dovrà finalmente chiarire -superando incertezze e modelli contradditori- se la residenza possa (debba) diventare il fulcro delle attività territoriali di una certa area, concentrando servizi come la residenzialità post acuta, l’ospedale di comunità, il supporto attraverso competenze specifiche all’assistenza domiciliare, i centri diurni.
Un altro aspetto rilevante per il prossimo futuro fa riferimento al ruolo delle residenze rispetto all’assistenza sanitaria. Regione Lombardia ha recentemente emanato indicazioni sul trattamento farmacologico del covid-19 e anche altre regioni si sono messe sulla stessa strada. Il fatto è di rilievo, perché autorizza le strutture alla prescrizione di farmaci che richiedono forte impegno sul piano clinico, sia per la selezione degli ospiti da trattare sulla base di dati oggettivi, sia per la gestione di eventuali effetti collaterali. Questo è un atto imprudente, dettato dalla pressione del momento, o rappresenta il riconoscimento di una funzione clinica esercitata dalle residenze per anziani? Sarà necessario discuterne seriamente, uscendo dall’ambiguità di funzioni di fatto, che però non sono formalmente riconosciute.
Nel prossimo futuro le residenze dovranno fare i conti con il personale e le sue esigenze. I comportamenti eroici non possono durare per tempi lunghissimi e quindi presto sarà importante rifare i conti non solo rispetto agli standard, che nella gran parte dei casi sono rispettati, ma rispetto alla realistica possibilità di proseguire i servizi, dovendo moltiplicare le equipe (covid e non covid), per dare il giusto riposo a chi ha lavorato più di 12 ore al giorno per intere settimane, dovendo anche sopperire alla fuga di operatori verso l’ospedale. Un ulteriore aspetto che potrebbe rivelarsi critico è la salute psichica degli operatori, dopo lo stress prolungato che hanno subito. Ancora non si discute formalmente di “postcovid syndrom”, ma sarà una condizione da sorvegliare con attenzione per rispetto verso i dipendenti e per le possibili ricadute sull’organizzazione del lavoro. Chi si preoccupa di questa problematica per analizzarla nella specificità delle residenze? Sarebbe necessario costruire su questo problema un’alleanza con i centri clinici più qualificati.
Per il prossimo futuro si discute sulla possibilità di riaprire le normali attività con l’ingresso di nuovi ospiti. La situazione generale fuori dalle strutture non è chiara; vi è l’esigenza di ricoveri per cittadini anziani in difficoltà, che non trovano adeguate risposte tecniche al domicilio. Questi però sono sotto una pressione duplice e di senso contrario: da una parte l’assistenza a casa, quella poco o tanta che ricevevano prima della crisi, si è ulteriormente ridotta, per cui aumenta la richiesta di interventi come quelli offerti da una residenza; dall’altra sono ancora molto vivi, particolarmente in alcune zone, le paure e i timori collegati alle notizie sulla pericolosità e sui rischi mortali di un ricovero. Occorre che su questo tema vi sia un chiaro pronunciamento delle autorità; infatti ci si deve interrogare su come e dove verranno collocati i nuovi eventuali ospiti. Sarà certamente necessario fare i tamponi, ma la frequente incertezza dei risultati imporrà la collocazione dei nuovi arrivati in aree separate; come trovare spazi adeguati? Per quanto tempo e come le residenze dovranno preoccuparsi di organizzare il duplice percorso, per ospiti negativi e positivi al virus? Negli ospedali è in corso una vivace discussione sulla collocazione e la realizzazione di settori per i malati covid positivi che affluiranno nei prossimi mesi, affetti dalle più diverse patologie acute e croniche: cosa si progetta per le strutture residenziali? È necessario studiare le possibili soluzioni, partendo dalla fantasia realizzatrice che ha ripreso a caratterizzare molte strutture.
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