LA POLITICA VENETA APRA CORRETTAMENTE E TEMPESTIVAMENTE ALLA SANITÀ PRIVATA
La seconda ondata del contagio da Coronavirus sta stressando a tutti i livelli il sistema sanitario: per il pronto intervento e la cura gli ospedali (terapie intensive, semi intensive e riconversione per infettivi); per la prevenzione, lo screening di massa, l’isolamento cautelativo e la cura dei casi lievi la medicina territoriale. E, come per la prima ondata, non si può che esprimere un forte sentimento di gratitudine e di solidale fiducia a tutti gli operatori sanitari per quello che stanno facendo.
Ma come nella prima ondata, il sistema pubblico sta rinviando tutta l’attività ordinaria non urgente di diagnostiche, visite specialistiche e interventi. Il rinvio di questa attività che non ha caratteri di urgenza per le patologie croniche, inevitabilmente, oltre a vanificare le attività di prevenzione, induce livelli di peggioramento nelle condizioni di salute che coinvolgono anche altre due categorie molto ampie di cittadini: a) lo stato psicofisico di chi paga il prezzo economico e occupazionale più alto degli effetti della pandemia; b) le categorie assistenziali più vulnerabili rispetto ai riflessi indotti dal distanziamento, come gli anziani nelle case di riposo.
In questa newsletter abbiamo raccolto le proposte per affrontare al meglio questa situazione che deve prevedere il rafforzamento strategico della sanità pubblica. Marco dal Brun, manager del settore salute che in Confindustria veneto rappresenta questo settore, lancia una proposta di straordinario interesse al sistema sanitario pubblico: attrezzando gli ospedali dismessi, ma non fatiscenti, conferire in tempi rapidissimi operatività a equipe e operatori del settore privato trasferendo tutta l’attività ordinaria a cui il sistema pubblico non può dare risposta nei tempi appropriati. La fattibilità di una operazione di questo tipo ovviamente va regolata in modo rigoroso dalla governance regionale della sanità pubblica che finora ha gestito con notevole efficacia i riflessi pandemici. E dal Brun non manca di sottolineare che il problema della sanità è la carenza di risorse professionali che è trasversale e interroga le strutture scolastiche, formative e universitarie.
La linea di distinzione tra pubblico e privato va ripensata in relazione ai fabbisogni di salute, alle professionalità disponibili, all’organizzazione dei servizi anche attraverso le nuove tecnologie della telemedicina, al reperimento di alta tecnologia elettromedicale e di dispositivi di protezione a livello massivo e alle economie di scala realizzabili a vantaggio dei pazienti/utenti.
Nell’ambito dei dispositivi, operando in silenzio con determinazione e competenza, l’ente DolomitiCert, di nuovo un ente privato che svolge attività di preziosa rilevanza pubblica, come testimonia il suo AD Luigino Boito, sta conseguendo i requisiti internazionali per certificare la corrispondenza agli standard sanitari mondiali di questi prodotti. Ben 260 aziende si sono rivolte a questo gioiello nostrano dell’alta certificazione, con casi formidabili, come quello di Grafica Veneta, il cui patron Fabio Franceschi ha realizzato in quattro giorni la riconversione delle linee per produrre le ormai celebri mascherine.
La domanda di salute sarà il filo conduttore del mondo che viene avanti e i mondi dell’impresa privata sono particolarmente interrogati su questo. Ne abbiamo raccolto i processi in corso per il biomedicale veneto da Sandro Storelli, animatore instancabile dell’Osservatorio Biomedicale Veneto, e da Franco Mosconi, docente di economia industriale, che ha dedicato uno studio estremamente completo del distretto biomedicale emiliano di Mirandola. Queste due interviste ci confermano che i nostri sistemi industriali sono nelle condizioni di corrispondere alla domanda esponenziale di macchinari, strutture, dispositivi e tecnologie.
Anche i fondi negoziali e assicurativi di sanità integrativa, come Sani.In.Veneto sono disponibili ad interpretare una nuova fase nella quale costruire una convergenza con la sanità pubblica, facendosi carico con corsie proprie, di svolgere servizi (telemedicina, informazione medico – sanitaria H24, device per il monitoraggio a distanza) e coprendo costi che non sono certo sostitutivi, ma assolutamente integrativi della sanità pubblica.
È ora compito della politica saper tradurre in accordi e schemi di condivisione tutto il concorso di risorse che fa fare un ulteriore salto di qualità al modello veneto, intervenendo soprattutto sul mondo della formazione per programmare al meglio i profili di cui scontiamo carenze inaccettabili.
Luca Romano
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