Presentato il rapporto “Ecomafia 2015” di Legambiente

Dal 22 maggio 2015, con la legge n. 68, anche i delitti contro l’ambiente sono entrati a far parte del Codice Penale. In Italia, i reati ambientali accertati nel 2014 sono quasi 30.000 con un giro d’affari di 22 miliardi, 7 in più rispetto al 2013. Le regioni a tradizionale presenza mafiosa (Puglia, Sicilia, Campania e Calabria) mantengono le prime quattro posizioni in classifica con più della metà delle infrazioni. Questi i primi dati contenuti nel rapporto “Ecomafia 2015” realizzato da Legambiente in collaborazione con le forze dell’ordine.

Dal rapporto emerge che il reato più redditizio rimane quello della concessione di appalti in opere pubbliche che fattura circa 7,9 miliardi. Le inchieste per corruzione sono state 233, portando a più di 2500 arresti e 2016 denunce, per un fenomeno nazionale che va dal Mose di Venezia ad alcuni cantieri dell’Alta velocità, dai Grandi eventi alle ricostruzioni post terremoto. Cresce del 26% il racket dei rifiuti, raggiungendo le 7.244 infrazioni, in media quasi 20 al giorno, mentre nell’agroalimentare esplode il fenomeno dei contributi illeciti percepiti: da 28 milioni nel 2013 a oltre 682 milioni.

Il Veneto è la seconda regione del Nord per reati ambientali e occupa il 9° posto della classifica regionale, guadagnando ben 6 posizioni rispetto al Rapporto del 2012. Nel 2014 sono state accertate 965 infrazioni, il 3,3% del totale nazionale, con 1.048 denunce, 3 arresti e 302 sequestri. Circa la metà dei reati commessi riguardano il ciclo dei rifiuti e il cemento. In particolare, relativamente ai rifiuti spicca la provincia di Venezia con 89 infrazioni e più di 150 denunce mentre è Vicenza a distinguersi per i reati relativi al ciclo del cemento, con 55 infrazioni e 98 denunce.

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