La strada dove corre il denaro

Si è parlato in termini apocalittici della lievitazione dei costi del MOSE, ma con le debite proporzioni e differenze non può non sorprendere quella della Superstrada Pedemontana Veneta su cui ha aperto un fuoco la Corte dei Conti. Racconta di costi, gigantesche deroghe, conflitti di interesse connessi al ricorso alla figura commissariale. E come in innumerevoli vicende di grandi opere ripete il mantra dell’assenza di controlli. Dice il magistrato contabile: “Il costo di realizzazione, nel corso degli anni, è cresciuto notevolmente. Nello studio di fattibilità del 2003 era inferiore al miliardo di euro; oggi ha superato, con gli oneri capitalizzati, i 3 miliardi, anche a causa del necessario, continuo miglioramento progettuale e delle opere compensative richieste dagli enti locali” (pag.120). Puntualizziamo che il concessionario si era aggiudicato il lavoro con un ribasso del 25% rispetto alla base d’asta di 2, 155 miliardi, dunque poco sopra 1,6. Siamo pertanto a un sostanziale raddoppio. La causa fondamentale è il fatto che la procedura consiste in una progettazione esecutiva senza concertazione degli enti territoriali e partecipazione dei cittadini. Quando il progetto è fatto esplode una “monetizzazione del consenso” per la devoluzione degli indennizzi ai privati; per gli enti locali si è proceduto così: fai ricorso contro l’opera? Tutti i ricorsi sono stati ritirati dopo aver inserito delle modifiche al progetto e delle opere complementari. Sono stati svelati dai Comuni anche errori madornali del progetto, con sovracosti correlati. Questo modo di procedere è semplicemente pazzesco. In Francia, con le durissime proteste dell’opinione pubblica contro il TGV Lione Marsiglia si è normato con il Debat Public il percorso contrario: massima partecipazione e trasparenza prima di assumere le decisioni, quindi redazione del progetto e massima operatività dopo averle assunte. Oggi quella linea ferroviaria è su tutti i libri che trattano di infrastrutture e preservazione della bellezza del paesaggio. Nel caso della Pedemontana da quel vizio fondamentale ne discendono molti altri. Lo Stato agli oneri iniziali, 243 milioni della delibera CIPE 96/2006, ora contribuisce con 614 milioni. In questo modo il concessionario ha avuto buon gioco ad accettare le richieste del territorio, tanto non le paga lui. Il privato beneficia anche di una clausola contrattuale che sposta sulla Regione gli oneri derivanti da minori introiti da pedaggi. E dal 2007 il traffico veicolare è in costante diminuzione, mentre le proiezioni su cui si è basato il project financing sono quelle di prima della crisi, quindi sovrastimate. A proposito di finanza di progetto, quando è stata adottata per gli ospedali non si è ancora finito di lodarne un aspetto: le imprese concessionarie, per arrivare quanto prima al realizzo, hanno “bruciato” i tempi di costruzione. Per la Pedemontana non si è avuta neppure questa accortezza. La parola alla Corte: “L’obiettivo della realizzazione della concessione nei tempi e con i costi preventivati non si è realizzato; tuttavia, la convenzione garantisce, comunque, al concessionario una gestione di trentanove anni, ponendolo al riparo dal rischio per ritardi sulla progettazione e sulla realizzazione”. Davvero un bel rischio d’impresa.

Editoriale di Luca Romano, direttore di Local Area Network, pubblicato sul Corriere del Veneto di mercoledi 17 dicembre 2015

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