Per un patto pubblico-privato contro la pandemia/4

Chiediamo a Sandro Storelli, dirigente CNA e coordinatore dell’Osservatorio del Biomedicale Veneto, con  il Covid-19 il biomedicale è assurto a settore strategico di interesse nazionale, ma prima di addentrarci in questo, può raccontarci di come nasce l’Osservatorio, che ad oggi, è l’unica iniziativa associativa, nella regione, di valorizzazione di questo comparto?

Ancora oggi, la mission di OBV – Osservatorio Biomedicale Veneto resta quella originaria: è quella di promuovere e dare valore a un settore economico, quello del medicale, che auspico trovi una nuova e diversa attenzione nella “Strategia di Specializzazione Intelligente” del Veneto.  Il Centro studi OBV nasce nel 2006, da un progetto di Tecna (CNA Padova) e PST Galileo, nel quadro della Legge Regionale 8/2003 del Veneto. L’attività di OBV inizia con l’accreditamento del Patto del Distretto, sottoscritto da 180 imprese venete del comparto medicale. Da allora, OBV studia le dinamiche relative al mercato, promuove lo scambio collaborativo tra le imprese e l’accesso alle competenze della ricerca applicata, offre informazione e supporto, in particolare nell’ambito regolatorio, che è in forte evoluzione.  L’emergenza Covid-19 ci ha ricordato quanto il medicale sia di interesse strategico, a livello nazionale e regionale, mostrando l’efficacia di un rapporto collaborativo e sussidiario tra pubblico e privato.  Nel Veneto, in questa fase, si sono evidenziate eccellenze importanti del medicale, a dimostrazione delle specializzazioni tecnologiche e del potenziale d’innovazione (es.: diagnostica). È di interesse generale che, nella futura ridefinizione degli ambiti di specializzazione regionale, il medicale trovi il riconoscimento dovuto.

Quali sono i più importanti settori di attività del biomedicale veneto?

Lo scenario è in rapida evoluzione e la classificazione tradizionale del medicale, per funzione e per prodotto, è sempre meno significativa.  La rivoluzione digitale sta cambiando in modo radicale le risposte possibili al bisogno di salute del cittadino. La iper-connessione sviluppabile attraverso l’IoT e i molteplici dispositivi e sensori collegati alla persona, consente non solo una telemedicina più efficace e diffusa, ma anche di monitorare e incidere sullo stile di vita. Il medicale oggi arriva a comprendere sviluppatori di app, imprese che sviluppano sistemi di decisione legati all’intelligenza artificiale, produttori di sensori edibili e molte altre tipologie di imprese. Il potenziale, però, si potrà sviluppare nella sinergia con gli operatori “tradizionali” o “maturi” del Sistema Salute, portatori delle indispensabili conoscenze specifiche. Nell’offerta dei prodotti medicali, il mercato è caratterizzato da una elevata segmentazione.  Le aziende di produzione beni e servizi del medicale “macro” in Veneto sono circa 400, cui si aggiungono circa 1.400 microimprese fabbricanti di dispositivi su misura (odontotecnici e ottici). Complessivamente, il comparto medicale supera gli 8.000 addetti.  In ordine di numerosità, i settori in cui operano le imprese sono: Terapia Riabilitazione e Ortoprotesica; Attrezzatura e Arredo tecnico;  Servizi (assistenza tecnica, R&S, sanità elettronica);  Materiali di consumo; Biotecnologia medica; Diagnostica. Come polo territoriale principale si conferma Padova.

Quali sono le linee di evoluzione possibili del biomedicale anche in rapporto alle istituzioni, all’Università, al CNR in termini di politiche dell’innovazione?

Si prospettano nuove opportunità per percorsi virtuosi tra le imprese del biomedicale e gli attori del Sistema della Ricerca e Innovazione e di quello Socio-sanitario. Infatti, nell’evoluzione dei sistemi sanitari nazionale e regionale si palesa sempre più indispensabile la collaborazione. Gli attori pubblici della sanità sono di presidio fondamentale, anche se indiretto, delle funzioni di ricerca ed innovazione, attraverso l’orientamento della domanda, in particolare della spesa sanitaria nelle attività di acquisto.  D’altra parte, la presenza di reti locali di eccellenza può offrire un importante apporto in termini di qualità e sostenibilità al sistema sanitario veneto. Non dimentichiamo, però, che le dimensioni delle imprese del settore sono medio-piccole (e micro) e che le nicchie di specializzazione sono numerose.  È quindi necessario favorire le interazioni tra struttura produttiva, segmento di domanda pubblica (o connessa alle prestazioni mutualistiche) e istituzioni di sostegno. Parlo della ricerca applicata, del circuito di formazione delle conoscenze tecnologiche necessarie alle imprese per produrre innovazione e restare competitive sui mercati, e che vede in particolare nelle Università le istituzioni di riferimento. Peraltro, la domanda di salute è caratterizzata dai trend di lungo periodo e il settore medicale è soggetto a cambiamenti che, via via, ridisegnano i confini e gli attori. Ciò rende necessario un cambio di passo strategico. Per dare un’idea del potenziale innovativo, ricordo che il settore biomedicale è caratterizzato da un forte investimento in R&S, che coinvolge oltre il 10% del personale occupato. Il 70% dei dispositivi oggi sul mercato sono stati introdotti negli ultimi anni. Ebbene, in Veneto agiscono, nel settore biomedicale, diverse reti informali. Varie imprese del settore partecipano a progetti di ricerca e innovazione, in qualità di ‘ospiti’ di Reti innovative accreditate dalla Regione. Manca però una Rete innovativa accreditata che riconosca valore specifico alle imprese del medicale. Sono convinto che occorra uno sforzo condiviso, per colmare al più presto questa lacuna.

E in rapporto alle politiche sanitarie che si stanno profilando per il post pandemia?

Come sottolineano gli analisti, dopo l’emergenza aumenterà la richiesta di servizi sanitari più efficienti. Servono soluzioni per ridurre le liste di attesa, per le cure sul territorio, per il dialogo diagnostico, il monitoraggio remoto dei pazienti. Occorre ottimizzare i servizi sanitari, per gestire percorsi di cura nei tempi più brevi possibili, per minimizzare gli spostamenti dei pazienti e dei loro caregiver. In UE e nei diversi Paesi sono allo studio progetti innovativi per migliorare i servizi sanitari dopo l’emergenza, ma anche per gestire nuove potenziali fasi dell’emergenza. In particolare, servono soluzioni – digitali e non – nella aree dell’oncologia, delle neuroscienze e delle malattie rare.  Nel Veneto, la presenza da un lato di poli sanitari di eccellenza, dall’altro l’attività di eccellenze nell’impresa medicale, rappresentano un’importante opportunità di collaborazione per la sperimentazione e lo sviluppo di soluzioni innovative, di cui possono beneficiare il sistema sanitario e il tessuto economico. All’orizzonte vi è una nuova welfare community, tutta da costruire. Ed è compito particolare delle Regioni la funzione di regolazione, assicurando efficacia ed equità di prestazioni ai cittadini. Su questo piano, dunque, è possibile prefigurare un salto qualitativo nel rapporto tra imprese medicali e sanità pubblica, basato su elementi di collaborazione e corresponsabilità, a partire dalla valutazione di appropriatezza e utilizzo della tecnologia, fino ad arrivare – nel rispetto dei ruoli – ad un governo condiviso dell’innovazione.

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